Dopo tanti anni torno, insieme ad alcuni amici, a fotografare i coloratissimi gruccioni. Arrivano dal Nord Africa per nidificare alle nostre latitudini, colori sgargianti e verso inconfondibile; quest’anno li sento la prima volta intorno a metà aprile. Piano piano arriveranno i grandi numeri, l’attesa è veramente tanta.

Sogno di riuscire ad immortalarli in tutto il loro splendore e di poter fare qualche foto dove le condizioni ambientali la facciano da padrone, con luci e colori che si integrano con il loro coloratissimo piumaggio. So per certo quello che sto cercando, lo immagino, spero di poterlo realizzare.

I primi giorni sono di studio ma anche di delusione: il meteo inclemente, comportamenti che non riusciamo a capire. La chat è rovente: ci si consulta, non ci si spiega, si fanno ipotesi. Io dal mio canto passo tutte le ore che posso tra binocolo e capanno.

A volte è solo silenzio, vento e un cielo grigio che non promette nulla. Altre volte intravedo qualche movimento, un passaggio veloce, un volo in lontananza.

Il bello della Natura e della fotografia senza l’uso di esche o richiami, si sa, è che non si lascia comandare. Anche questo fa parte del gioco: l’attesa, l’incertezza, la pazienza che ogni vero appassionato di fotografia naturalistica (ma ancora prima di Natura)  impara a coltivare. Ogni uscita, anche se apparentemente infruttuosa, aggiunge un tassello alla comprensione, uno scatto mentale in più.

Piano piano il tempo migliora, fa più caldo, anche le giornate nel capanno si fanno roventi, come ricordavo gli appostamenti passati a questi  bellissimi migratori.

Non so dire se sono riuscito a realizzare l’immagine che avevo in mente. A questo punto non mi interessa nemmeno più; rimango nel capanno anche solo ad osservarli e sentire il frastuono che fanno, mi basta così, è tutto quello che stavo cercando, alla fine.